martedì 17 marzo 2015

Lillo Melidoro: les jeux sont fait! (3 - racconto)



Gioie e dolori per un telefonino...

Abbiamo un problema! Le diavolerie della tecnologia moderna e le vecchie care corna, sana alimentazione di serate attorno al fuoco o mattinate al tavolino di un bar, diventano una miscela esplosiva, almeno per Lillo Melidoro. Che scopre...




Lillo Melidoro: les jeux sont fait!

Essere preso in giro, e per di più da una donna, e ancor di più da Patrizia, non era una cosa che a Lillo potesse andare giù.

Il piano era stato innescato e quella mattina Lillo aspettava solo la telefonata del boss per mettersi in moto. E quando don Alfonso lo chiamò per dirgli che Patrizia gli aveva appena comunicato un itinerario per la mattinata abbastanza nebuloso da essere improbabile, Lillo partì.

Sapeva dove era diretta Patrizia, visto che era proprio con lui che si doveva incontrare.

Tuttavia una telefonata di controllo non era male.

Il cellulare squillò diverse volte prima che la donna rispondesse.

“Lillo, ti sto aspettando, dove sei?”

Era una voce un po’ impacciata, di chi è beccato con le mani nella marmellata. Ma in fondo la marmellata sono io, pensò Lillo, quindi non c’è problema.

“Sto arrivando. Tu sei pronta?” doveva mantenere il tono da macho di sempre.

“Certo. Per te sono sempre pronta.”

Ancora una volta la voce di Patrizia suonava falsa all’orecchio allenato di Lillo, ma lui sapeva che quest’incontro probabilmente avrebbe preso una piega molto diversa dal solito, quindi non ci fece caso.

Tante volte Patrizia l’aveva preso in giro per la sua incapacità a chiudere alla cieca il proprio cellulare; ma adesso il fatto regalò all’uomo una sorpresa.

Nell’attimo che impiegò per staccare il telefono dall’orecchio e portarlo davanti agli occhi per individuare il tasto giusto (maledetto touchscreen!), Lillo sentì qualcosa che lo lasciò stranito: una voce provenire dal telefono.

E la stessa voce continuava a sentirsi ancora.

Evidentemente Patrizia aveva lasciato il cellulare acceso e stava parlando con qualcuno.

Ma con chi, se avrebbe dovuto essere da sola nella stanza d’albergo ad aspettarlo?

Lillo, cercando di fermare anche il suono del proprio respiro, si mise in ascolto.

“Benny, te l’ho detto, ora sono occupata… no, no, non ti preoccupare, domani ho conservato la giornata tutta per te. A che servono sennò le zie malate? Stasera riceverò una telefonata e domani dovrò correre fuori città per sincerarmi della salute di zia Maddalena… certo che ti avviso, stai tranquillo! Tanto nessuno conosce questo cellulare con cui ci sentiamo, quindi Alfonso, pure volendo, non potrebbe controllare le chiamate… Va bene, sì, va bene, stai tranquillo… Adesso?... Adesso sto aspettando Lillo… come chi è?... certo che lo conosci, magari non di persona… è il prestanome di Alfonso… ma sì… no, no, ormai sta diventando pesante… con te… certamente… con te è tutta un’altra cosa… che dici?... carne fresca?... mettila un po’ come vuoi!”

Ma con chi stava parlano Patrizia? Aveva un telefono segreto? Anzi un secondo telefono segreto? visto che anche quello che usava con lui ufficialmente non esisteva.

E chi era Benny? L’unico che conosceva era l’istruttore di quella palestra in periferia di proprietà di don Alfonso, che tra l’altro non era neanche quella che Patrizia frequentava.

“Senti ora devo chiudere, Lillo potrebbe arrivare da un  momento all’altro… Ok… , ti amo anch’io… a domani… Baci. Baci.”

Poi solo rumori vari: le molle del letto, il fruscio della carta; quindi tutto fu sostituito dall’audio del televisore.

Lillo chiuse il proprio telefono; evidentemente Patrizia non si era accorta di niente.

La situazione si stava ingarbugliando e Lillo aveva bisogno di pensare.

Scese dall’auto e cominciò a passeggiare nella piazzola dove si trovava.

Dunque, cerchiamo di ricapitolare, si disse poggiandosi alla macchina e accendendosi un sigaretta.

Patrizia aveva un amante, un altro amante, e questo implicava due cose. La prima: lui non era l’unico a sostituire don Alfonso nel letto della ragazza; e questo non gli andava proprio. La seconda: ufficialmente le corna che don Alfonso sentiva sulla testa potevano anche non essere quelle che gli metteva con lui; e questo gli apriva una vallata piena di sole e uccellini cinguettanti in testa.

A Lillo, Patrizia non era importata mai più di tanto. Si trattava solo di un passatempo gratuito e di una specie di rivalsa verso il suo capo, un uomo che grazie alla sua firma faceva una barca di soldi ogni giorno.

Quindi era sacrificabile.

Sì, sacrificabile, perché quella era l’idea che gli era nata in testa.

No, no, niente violenza, c’è troppa fatica nella violenza e troppo poca vera soddisfazione.

Ma ci sono tanti modi di sacrificare qualcuno o qualcosa.

Terminò di fumare la sigaretta e l’idea era chiara in mente.

È vero che ci sono giornate che nascono storte, ma alcune di queste riescono a finire meravigliosamente.

Salì sull’auto e ripartì.

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