mercoledì 27 gennaio 2016

Unioni... "civili"?

Senza voler fare polemiche, rifletto.
In uno Stato ‘laico’, cioè non ‘religioso/teocratico’ (dove i responsabili della nazione sono, cioè, i capi di una qualsivoglia confessione religiosa e dove le leggi sono scritte sulla falsariga di un qualche testo sacro), non ha senso parlare di “unioni civili”.”
Tutte” le unioni sono “civili”, comunque le si voglia descrivere.
Già il fatto di fare una distinzione tra “unioni civili” e qualcos’altro (ad es.: matrimonio) è una discriminazione senza senso: forse che il “matrimonio” è un’unione ‘incivile’?
In uno Stato ‘laico’ ciò che forma una ‘coppia’ è il legame umano d’amore che unisce i due, i quali chiedono che questo loro legame sia tutelato da leggi che diano loro diritti e doveri.
Per rifiutare che questo sia possibile, bisogna dir loro che non ne hanno il diritto perché non possono godere, appunto, dei diritti civili dati dallo Stato a tutti; sono cioè dichiarati incapaci di intendere e volere. E ciò avviene quando la persona è disabile incapace di intendere e volere o ha commesso reati che glielo impediscano. Ad esempio si può impedire ad un cittadino di lavorare in un ufficio pubblico se ha subito condanne che prevedano questa esclusione. Oppure si può vietare un “matrimonio” ad un minorenne o ad un disabile dichiarato incapace se non c’è l’approvazione di un tutore che garantisca per lui.
Nel caso di persone dello stesso sesso che si amano e decidono di vivere insieme non si ha nessuna di queste condizioni.
A meno di dire che gli omosessuali non hanno la capacità di amarsi tra loro, siano “disabili mentali incapaci” o che l’omosessualità sia una “malattia” invalidante che proibisce loro di esprimere liberamente la propria volontà. Ciò infatti che rende valido un “matrimonio” davanti alla legge è che i coniugi pronuncino il loro “sì” ‘liberamente’ e ‘volontariamente’.
Tutto ciò in una società “civile” e non “teocratica”, che quindi difende i diritti di tutti i cittadini, anche di quelli che, a livello religioso o politico, non la pensano come la maggioranza o, comunque, pensano in maniera difforme.
Solo uno Stato “laico” e non “teocratico” può difendere i diritti anche religiosi dei cittadini, ed è proprio per questo che un cristiano dovrebbe volere che lo Stato rimanga “laico”.
Fino a pochi anni fa, infatti, venivano celebrati due distinti riti per il “matrimonio”: uno ‘civile’ e uno ‘religioso’. Oggi la maggior parte delle comunità religiose d’Italia hanno ricevuto (attraverso “patti” con lo Stato italiano) il privilegio di far celebrare ai coniugi un unico rito che ha valore per quella singola comunità e per lo Stato.
Ciò non significa che il “matrimonio” cattolico o evangelico o altro sia esattamente il “matrimonio civile, tanto è vero che, ad esempio, secondo lo Stato italiano è ammesso il “divorzio”, quindi la rottura del patto, mentre molte comunità religiose non lo ammettono. E questo crea già una disparità e una contrapposizione tra lo Stato “laico” e una società “teocratica” come è qualunque chiesa che ha propri ‘statuti’ basati su propri testi sacri. Qualora in Italia fosse prevalso il “sì” all’abrogazione della legge sul divorzio, per esempio, sarebbero stati lesi i diritti di tutti quegli aderenti a comunità religiose (anche d’ispirazione cristiana) che ammettono al possibilità di rottura del vincolo “matrimoniale”, basando tra l’altro questa loro convinzione su un testo sacro.
Il diritto dato ad uno non toglie nulla al diritto dato ad un altro, altrimenti quel diritto non potrebbe essere dato. E se un cristiano vuole che i propri diritti non vengano calpestati, deve essere pronto a dare agli altri i diritti che essi stessi hanno. Poi sarà ognuno, nel chiuso della nostra coscienza, ad avvalersene.
In conclusione ritengo che sia giusto che ognuno manifesti, come nel caso del Family Day, a favore o contro le “unioni civili” (qualunque cosa ciò significhi), ma non bisogna farne uno scontro di civiltà dove chi non la pensa come me è un ipocrita o un peccatore destinato al fuoco eterno. Solo Dio può e deve giudicare. Ma finché il diritto di uno non lede quello dell’altro, entrambi devono avere la facoltà di vivere secondo i propri principi.


Il cogitante Oste Juan

(post proveniente, con qualche piccolo adattamento, dalla mia pagina Facebook)

20 commenti:

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    1. Come direbbe Moretti: "Le parole sono importanti" e dicono molto di noi e del nostro modo di pensare. Grazie!

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  2. Anch'io non ho niente in contrario alle unioni civili fra gay.
    Ammetto invece di avere forti dubbi sull'adozione, non posso negarlo.

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    1. Sulle "adozioni del figliastro" (stepchild adoption) esiste una legge che risale al 1983 e che, allora, non faceva distinzioni probabilmente perché ancora non si era ancora posto il problema del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Come ho detto in un commento su qualche blog che ora non ricordo, se viene permessa l'adozione a single o se ci sono migliaia di famiglie in cui un genitore muore quando i figli sono piccolissimi e vengono comunque lasciati crescere al vedovo/a, non capisco perché non ci possa essere un'adozione a coppie omosessuali. Se la dicriminante è che i bambini debbano avere "un padre e una madre" allora conseguenzialmente non debbono essere dati in adozione a single, Nè tanto meno bisognerebbe concedere il riconoscimento di paternità/maternità a chi va all'estero a fare l'inseminazione artificiale da single (vedi ad esempio Gianna Nannini).

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  3. Bel post Juan S.
    Peccato solo che in Italia ci sia un po'di confusione nella testa di molti che considerano religione di stato il cristianesimo. Pretendere che distanguano poi lo stato laico da quello teocratico è forse pretendere troppo.

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    1. Anzitutto: benvenuta! Io non parlerei di "cristianesimo" ma di "cattolicesimo" perché le chiese protestanti classiche (valdesi, luterani, metodisti, frange di battisti) sono a favore di tutti quelli che possonom essere i diritti degli omosessuali, tanto è vero che esistono pastori omossesuali, donna, e vengono regolarmente celebrati riti di unione tra credenti dello stesso sesso. Se si chiarisse questo penso che molti credenti (anche non omosessuali) avrebbero la possibilità di sentirsi (e mostrarsi!) credenti senza vergognarsi di esserlo a causa delle proprie idee. Grazie della visita!

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    2. Interessantissima questa risposta, Juan. Non sapevo - pur avendo potuto arrivarci da solo, a logica - che le altre confessioni o chiese cristiane fossero a favore dei diritti degli omosessuali. E' una cosa ottima, fantastica ed è vero, l'Italia è uno stato laico, che cavolo! Il problema è che il Vaticano ci usa come stato cuscinetto, come protezione, come braccio e ha paura, sicuramente, che il suo cuscinetto smetta d'essere a maggioranza cattolica. Ottimo articolo, Juan! Grazie di averlo scritto!

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    3. Benvenuto, Marcello e grazie di essere passato di qui! È vero che molte chiese protestanti sono favorevoli e sono tutte quelle che non fanno una lettura "letteralistica" della Bibbia, ma vedono la Scrittura come veramente è: Parola del Signore per l'"oggi". Che detto in parole povere significa: Dio giudica l'"oggi" e da' una strada da percorrere. È chiaro che l'"oggi" del 2016 non è l'"oggi" del 1800, quando alcune realtà non esistevano (non almeno a certi livelli di coscienza) e altre erano prioritarie mentre nel 2000 sono concluse. È come, ad esempio, per l'economia: gli stessi principi vanno adattati ad una società preindustriale, industriale e postindustriale. I principi restano ma possono portare a soluzioni anche opposte. Quanto alla chiesa cattolica, c'è da dire che esistono anche in quella comunità gruppi più "aperti", ma difficilmente assurgono agli onori delle cronache vista l'onnipresenza della chiesa ufficiale. Lì dove una chiesa "ufficiale" non c'è (come in quelle riformate) è più facile ascoltare prese di posizione difformi, da una parte e dall'altra. Grazie ancora!

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    4. Ciao Juan, scusa il ritardo ma problemi con blogger.
      E' vero... io sono talmente religiosa che confondo spesso cristianesimo e catotlicesimo... ohimè! Mi scomunicano ora! ahahah
      Il problema grande è appunto di far capire alle persone che la chiesa è una cosa e lo stato un altro. Possono andare d'accordo oppure no, ma ognuno deve essere libero di agire e legiferare secondo i suoi principi e le sue regole.
      Nello stato del vaticano facciano come credono ma in Italia, se permettono, ci pensano gli italiani.

      Altra cosa, è che la chiesa dovrebbe ammodernarsi. Capire che il mondo va avanti, che cambia. In fondo, il medioevo è passato da tempo. Non penso che sia il caso di ripristinare i roghi.
      Certo che se fosse più aperta, i credenti sarebbero più liberi di dire ciò che pensano e di comportarsi di conseguenza.

      ps scusa il commento doppio ma col cell mi capita sovente

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    5. Io frequento tutte e due le "sponde": cattolica e riformata, e spesso mi trovo a dialogare con cattolici che sono più 'aperti' di me e protestanti che sono più gretti e chiusi di un monsignore della curia romana! Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare diversi vescovi, che mi hanno insegnato a leggere ed applicare la Bibbia anzituto con la loro vita (mons. Riboldi, don Tonino Bello... ). E molti altri vescovi e sacerdoti danno e hanno dato mille punti al più attivo degli attivisti. Ho avuto la fortuna di avere un professore di storia all'università che ora è vescovo (mons. Bregantini) il quale a quel tempo occupò per diversi mesi insieme a molti operai, la cui fabbrica stava per chiudere, la sala comunale della città in cui viveva. Mangiava e dormiva con loro, per terra, e due volte la settimana prendeva il pulmann per venire a fare lezione a noi, poi tornava insieme ai 'suoi' operai. Spesso dimentichiamo che non esiste uno "Stato" astratto, ma lo Stato siamo noi, così come non esiste una chiesa astratta, ma la chiesa è fatta di persone. Certamente ci sono strutture che aiutano e facilitano il dialogo al loro interno, che fanno uscire fuori i dissensi e le voci contarie e sicuramente la chiesa cattolica, in generale, non è tra queste. Ma la fede è un'altra cosa e quella è qualcosa di personale, interiore. È vero che il Vaticano ha monopolizzato e spesso comandato la vita civile italiana, ma dovunque c'è una chiesa di Stato (paesi del nord europa) o una chiesa preponderante ci sono più o meno gli stessi problemi.

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  4. Bel post Juan S.
    Peccato solo che in Italia ci sia un po'di confusione nella testa di molti che considerano religione di stato il cristianesimo. Pretendere che distanguano poi lo stato laico da quello teocratico è forse pretendere troppo.

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  5. Come ho scritto nei commenti al post di Massimiliano, la mia posizione sul tema non è netta. Ho delle obiezioni, che non riguardano tuttavia le unioni "civili" in sé ma l'eventuale accredito dello status di famiglia, e non per una questione di natura religiosa o politica ma antropologica.

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    1. Io parto dal principio opposto: non dalla società ma dalla coppia. Come chiamiamo l'unione di due persone che si amano? qualunque sia il nome che gli diamo, come coppia deve avere diritti e doveri, uguali per tutti, perché alla base non c'è un principio esterno (antropologico, sociale, religioso), ma interno: ciò che li rende "una coppia". Per il resto rispetto ogni altra idea quando viene espressa civilmente e pacatamente.

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    2. Nemmeno la mia posizione è netta, troppi punti da chiarire in relazione ai bambini e al discorso adozioni, ma in linea generale totale apertura alla regolamentazione delle unioni e al matrimonio tra persone omoaffettive.

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  6. Aggiungo: ...che tocca comunque, proprio perché antropologica, entrambe le sfere della politica (vita della polis) e del sacro.

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  7. Bizzarra coincidenza. Ho appena terminato di leggere un articolo su Minima&Moralia che sintetizza piuttosto bene quello che intendo dire.
    Nel suddetto articolo si legge, tra le altre cose:
    "Recalcati sostiene, in altre parole, che all’incirca dalla generazione dei nati negli anni Settanta in poi, e su forte spinta della tecnologia, la psiche dell’uomo occidentale abbia progressivamente perso contatto con il proprio inconscio appiattendo la propria dimensione esistenziale a livello della superficie, del significante o del corpo".

    Spero sia abbastanza chiaro. La mutazione antropologica, sui cui devastanti effetti già si era soffermato Pasolini, è legata a una progressiva svalutazione del simbolo con tutto quel che ne consegue.

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    1. Devo certamente condividere il pensiero e devo farlo proprio da cristiano, perché se c'è una cosa che il cristianesimo (almeno quello che deriva dalla bibbia e non da una qualche stortura derivante da umane letture fantasiose) afferma che l'uomo, creato come "spirito, anima e corpo", per realizzare se stesso deve "usare" del corpo e non farsi usare. Oggi la società, come cattiva maestra (vedi pubblicità, programmi TV) insegna che tutto si ferma a ciò che vedi senza dirti che dietro esiste un mondo, per cui tu "vuoi" l'oggetto ma per l'oggetto in sé. E quando nell'uomo l'inconscio riesce a spuntare fuori come lava in un vulcano quasi spento, provoca i danni che vediamo perché non esiste più la possibilità di mediazione che era dovuta alla capacità, appunto, di lettura della realtà che, essendo esterna all'uomo, è per forza simbolica.

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  8. La religiosità è uno degli etnemi antropologici sociali, insieme a parentela, politica ed economia. Ma qui scattarebbe un problema grosso che non coinvolge solo quest'aspetto, ma qualunque aspetto derivato dalla storia dell'umanità come percorso inclusivo generale. E cioé: come è cambiata la percezione delle cose nell'arco della storia? Come è cambiato, in questo caso, l'etnema "parentela"? Poiché si tratta di uno "studio" cioè di un'osservazione esterna di una situazione o realtà, dovrebbe essere neutrale ad esso e servire solo a prendere atto di ciò che si trova davanti. Come è cambiato nel corso del tempo il modo di vivere la parentela? Se non possiamo dire che la realtà della "parentela" oggi è uguale a quella di 100 anni fa, possiamo chiamarla ancora "parentela" o dobbiamo darle un nome nuovo? domande a cui sinceramente non so rispondere. Grazie per la precisazione!

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  9. Ottima riflessione. Ci sarebbe da aggiungere, tema poco affrontato nelle discussioni sulle unioni civili, che anche le coppie uomo-donna non sposate sono penalizzate alla medesima maniera. E' vero che queste ultime potrebbero sposarsi (civilmente e/o religiosamente), ma è anche vero che a prescindere da questa opportunità, il loro status di coppia dovrebbe come minimo essere riconosciuto. Non sto parlando di 'grandi cose', ma di quei valori fondamentali che rendono libero il modo di vivere degli individui. Trovo scorretto, giusto per citare una cosa, che se in una coppia non sposata uno dei due sta male e viene ricoverato, il partner non ha diritto ad assisterlo (spesso i medici chiudono un occhio, ma legalmente...).

    Io posso comprendere che ognuno abbia pareri differenti, ma non comprendo il perché - come dici tu - alcuni cittadini debbano godere del privilegio di poter vivere come desiderano, e altri no. E non faccio distinguo tra uomo, donna, gay, lesbica, transgender, nero, giallo, marrone, olivastro, bianco, single.

    Quoto quanto scrivi nel commento di Landi perché è il nocciolo della questione: Come chiamiamo l'unione di due persone che si amano? qualunque sia il nome che gli diamo, come coppia deve avere diritti e doveri, uguali per tutti, perché alla base non c'è un principio esterno (antropologico, sociale, religioso), ma interno: ciò che li rende "una coppia".

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    1. Il punto è esattamente quello: viviamo in una società che appartiene a tutti, e tutti devono poter usufruire dei diritti e a tutti devono essere richiesti dei doveri. Tutto il resto è secondario. Io, come ho scritto da qualche parte, sono contrario all'utero in affitto o all'inseminazione artificiale di qualunque tipo, ma se esiste una legge che tutela quelli che la vogliono, la devo rispettare pur continuando a battermi contro.

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